È ufficiale: la #televisione ha perso il trono. Per la prima volta, a partire dal 2023 e con una conferma nel 2024, #internet è diventato il principale mezzo di #informazione per gli italiani. Non si tratta solo di una tendenza passeggera, ma di un cambiamento profondo nel modo in cui i cittadini si informano, si aggiornano, si confrontano. A guidare questa trasformazione c’è un dato semplice ma potente: un italiano su due oggi si affida al web per conoscere ciò che accade nel mondo. I #social network, in particolare, giocano un ruolo cruciale: oltre il 50% di chi li utilizza afferma di scoprire le notizie prima lì che altrove, grazie al flusso continuo di notifiche e al passaparola virtuale nella propria rete di contatti. È un ribaltamento storico che si riflette nei numeri: la televisione, che nel 2019 informava il 67,4% della popolazione, oggi è scesa al 46,5%, mentre la radio e i giornali continuano a perdere terreno. Eppure, se da un lato cresce l’uso del digitale, dall’altro la fiducia nei media online resta piuttosto bassa: solo una parte della popolazione si fida realmente di ciò che legge o ascolta sui social o sui siti non ufficiali, mentre TV, radio e carta stampata continuano a essere percepiti come più affidabili. Il quadro tracciato dalla prima edizione dell’“Osservatorio sul sistema dell’informazione” dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni racconta un’Italia spaccata in due, dove le generazioni più giovani tendono a informarsi quasi esclusivamente online, magari guardando brevi video o leggendo contenuti sui social, mentre gli over 65 mantengono un legame più saldo con i media tradizionali, anche se non disdegnano di commentare attivamente le notizie online. E poi c’è il passaparola, ancora vivo e fondamentale: un cittadino su dieci si affida a ciò che gli viene raccontato da amici, parenti, colleghi. È un’epoca in cui tutti possono produrre e condividere informazione, ma non tutte le fonti sono uguali. Infatti, solo una minima parte degli italiani considera affidabili le notizie date da influencer o blogger: il servizio pubblico televisivo, invece, resta per molti la voce più credibile. La nuova fotografia dell’informazione, oltre a raccontare chi informa e come, mette anche in luce cosa si racconta: la televisione generalista, ad esempio, ha saputo adattarsi alle emergenze, come la pandemia e la guerra in Ucraina, ampliando i propri spazi informativi e variando i contenuti. I telegiornali restano un punto fermo nei palinsesti, ma i programmi di approfondimento — gli “Extra TG” — hanno conquistato sempre più spazio, trattando soprattutto di politica, economia ed esteri. Non si può più parlare solo di “mezzi di informazione”, perché il sistema si è frammentato, è diventato fluido, personalizzabile. Ognuno sceglie il proprio canale, il proprio linguaggio, il proprio tempo. Ma questo nuovo scenario impone anche nuove responsabilità, per chi produce notizie e per chi le consuma. Perché, mai come oggi, informarsi non è solo leggere una notizia: è scegliere a chi credere.

Facebook TikTok e Instagram sotto accusa in UE per violazioni pesanti, ora a rischio sanzioni
L’Unione Europea ha puntato i riflettori sui giganti dei #social network, e questa volta la situazione appare tutt’altro che leggera. #Facebook, #Instagram e #TikTok si trovano infatti al centro di un’indagine che potrebbe segnare una svolta nei rapporti tra Bruxelles e le grandi piattaforme digitali. Dopo anni di ammonimenti, multe e richiami, l’Europa sembra pronta a colpire duro, accusando i tre colossi di gravi #violazioni del Digital Services Act (DSA), la legge che regola i servizi digitali all’interno dell’Unione. Le prime verifiche hanno rivelato irregolarità importanti: strumenti poco trasparenti, accessi ai dati pubblici difficili per i ricercatori, e sistemi di


