I primi licenziamenti per colpa di Chat GPT

Negli ultimi anni, il marketing digitale è sempre più orientato alla creazione di contenuti e il ruolo di copywriter e giornalisti è diventato fondamentale per la produzione di contenuti utili ad attirare e coinvolgere il pubblico.

Per vincere la lotta del posizionamento, molti di questi contenuti sono stati ottimizzati più per i motori di ricerca che sulla qualità e sul valore per l'utente. Quantità invece di qualità. 

In questo panorama, l’arrivo dell’intelligenza artificiale e, in particolare, in quella generativa di Chat GPT, è apparso come la panacea per tutti i mali.

Utilizzare l'apprendimento automatico e le reti neurali per creare contenuti “originali” e SEO friendly in tempi brevissimi sembravano la soluzione perfetta.

Perlomeno alla testata online CNET, nota fra esperti e appassionati di tech ed elettronica, che ha pensato bene di licenziare il 10% dei giornalisti per sostituirli con l’Intelligenza Artificiale.

La scelta di dare priorità al traffico sul sito e alla strategia SEO e SEM, invece che a testi, video e podcast originali è stata duramente criticata. Non può essere considerata una mossa strategica particolarmente furba, tenuto conto che le IA generative non sono in grado di produrre contenuti di qualità, specie i contenuti che richiedono esperienza e/o creatività, come ad esempio i contenuti di marketing. 

Utilizzarle in modo malsano e senza intervento umano può solo danneggiare la reputazione di un'azienda e avere un impatto negativo sulla sua presenza online.

No. Chat GPT non può sostituire il lavoro di queste figure ma può renderli dei supereroi. 

 

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