Sta arrivando una nuova frontiera nella comunicazione uomo-macchina: un’interfaccia #neurale che, grazie all’Intelligenza artificiale, è in grado di leggere nel pensiero e rispondere in tempo reale. Si chiama #AlterEgo, e nasce dal #MIT Media Lab, dove nel 2018 un gruppo di ricercatori ha iniziato a lavorare a un’idea che oggi sembra uscita direttamente da un romanzo di fantascienza. Dopo anni di sviluppo e il recente salto verso la commercializzazione, AlterEgo promette di rivoluzionare il nostro modo di interagire con la #tecnologia. Forse presto non dovremo più richiamare a gran voce “Alexa!” da una stanza all’altra: basterà pensarlo.
Il dispositivo, ideato e presentato da Arnav# Kapur, oggi amministratore delegato della società AlterEgo, è un auricolare indossabile capace di captare i segnali elettrici #neuromuscolari che si attivano quando formuliamo un pensiero destinato a diventare parola. Non legge la mente nel senso più invasivo o misterioso del termine: intercetta invece quei segnali che normalmente il cervello invierebbe ai muscoli della bocca e della gola durante il parlato, anche quando stiamo semplicemente “parlando dentro di noi”. In altre parole, AlterEgo dà voce ai pensieri che scegliamo di condividere, trasformandoli in comandi e risposte grazie a sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale.
Il funzionamento è tanto ingegnoso quanto elegante: i sensori del dispositivo rilevano i microsegnali del viso e li inviano a un modello di IA che ne interpreta il significato, traducendoli in parole o azioni. La risposta arriva direttamente all’utente tramite cuffie a conduzione ossea, che trasmettono il suono attraverso le ossa del cranio, senza bisogno di auricolari tradizionali. È una forma di “telepatia silenziosa”, come la definisce Kapur, un canale di comunicazione che non passa più dalla voce ma dall’intenzione.
A differenza delle interfacce cervello-computer invasive, come quelle di #Neuralink di Elon Musk, AlterEgo non richiede alcun impianto chirurgico: nessun chip, nessuna operazione, nessun rischio. Il suo approccio non invasivo è uno dei punti di forza che lo rendono già appetibile non solo per il grande pubblico, ma soprattutto per la medicina riabilitativa. Il dispositivo è infatti in fase di sperimentazione su persone affette da sclerosi multipla o sclerosi laterale amiotrofica (SLA), malattie che compromettono la capacità di parlare. Secondo Kapur, anche in pazienti gravemente colpiti resta spesso un “segnale residuo” nel sistema vocale sufficiente a far funzionare AlterEgo, restituendo così la possibilità di comunicare a chi ne è ormai privo.
Ma il sogno non si ferma qui. Kapur immagina un futuro in cui AlterEgo diventerà uno strumento quotidiano per tutti: potremo dettare testi “alla velocità del pensiero”, fare ricerche su Internet senza emettere un suono o dialogare con altri utenti del dispositivo in modo completamente discreto. In un video dimostrativo, lo stesso Kapur mostra come riesca addirittura a creare un’app solo pensando le istruzioni, mentre una telecamera integrata traduce i suoi pensieri in azioni digitali.
Non mancano tuttavia le voci più caute. Howard Chizeck, ingegnere dell’Università di Washington, pur riconoscendo la solidità scientifica del progetto, invita alla prudenza: la sfida, dice, sarà convincere le persone a indossare un hardware visibile, come un auricolare, che molti percepiscono come scomodo o stigmatizzante. Tuttavia, aggiunge, dal punto di vista della privacy AlterEgo rappresenta un passo avanti notevole: non legge i pensieri più intimi, ma solo i segnali legati all’intenzione di parlare, e rende difficile per chiunque intercettare la conversazione. È, in un certo senso, più sicuro che parlare con un assistente vocale.
Senza ancora una data di uscita o un prezzo ufficiale, AlterEgo si presenta come un progetto visionario ma concreto, capace di ridefinire il rapporto tra mente e macchina. In un mondo in cui la tecnologia è sempre più integrata nella vita quotidiana, questa “telepatia artificiale” potrebbe rapprese



