La Commissione europea ha inflitto a #Google una multa record di 2,95 miliardi di euro, accusando il colosso di Mountain View di aver sfruttato la propria posizione dominante nel mercato della #pubblicità digitale per favorire i propri servizi a discapito dei concorrenti. Un provvedimento che non arriva all’improvviso, ma che è il risultato di un’indagine avviata già nel 2021 e sviluppatasi negli anni successivi, fino alla decisione annunciata in queste settimane.
Al centro del caso ci sarebbero comportamenti di “autopreferenza”: secondo Bruxelles, Google avrebbe utilizzato il suo #server #pubblicitario dominante, DoubleClick For Publishers (DFP), per avvantaggiare il proprio sistema di aste pubblicitarie AdX, fornendo a quest’ultimo informazioni privilegiate sulle offerte concorrenti. Parallelamente, strumenti di acquisto come Google Ads e DV360 avrebbero dirottato la maggior parte delle inserzioni proprio su #AdX, rendendolo il canale più competitivo e limitando di fatto l’accesso alle #piattaforme rivali.
La Commissione ha sottolineato come una posizione dominante, di per sé, non rappresenti una violazione delle #normeeuropee sulla concorrenza. Il problema nasce quando questa preminenza viene sfruttata per restringere artificialmente lo spazio di manovra degli altri operatori, in contrasto con gli articoli 102 e 54 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In questo caso, le pratiche contestate a Google sarebbero state in grado di alterare in modo significativo l’equilibrio competitivo dell’intero settore adtech, con conseguenze dirette per inserzionisti ed editori.
Bruxelles non si limita alla sanzione economica: l’azienda ha sessanta giorni di tempo per proporre soluzioni concrete, anche se la Commissione ha già fatto sapere che, a suo avviso, l’unico rimedio realmente efficace sarebbe una separazione strutturale di alcuni servizi. Una richiesta che, se portata avanti, potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui Google opera in Europa.
Dal canto suo, l’azienda americana non è rimasta in silenzio. Attraverso una nota ufficiale, i vertici del gruppo hanno definito la sanzione ingiustificata e dannosa per il mercato, sostenendo che l’offerta di Google non soffochi la concorrenza ma, al contrario, offra a imprese e consumatori maggiore scelta e strumenti più efficienti. È già stato annunciato un ricorso formale, il che apre a un probabile braccio di ferro legale destinato a durare nel tempo.
Il caso Google rappresenta un tassello importante della battaglia più ampia che l’Unione europea sta conducendo contro le grandi piattaforme digitali, nel tentativo di garantire mercati più equi e tutelare la concorrenza. Una sfida che mette in discussione non solo la forza economica dei giganti tecnologici, ma anche il ruolo della regolamentazione in un contesto globale sempre più dominato dal potere delle piattaforme digitali.