La crisi di Twitter dovuta alla gestione problematica di Elon Musk, così come la conseguente perdita di utenti e inserzionisti, ha sollevato preoccupazioni per il futuro della comunicazione e divulgazione scientifica sui social network.
Ignacio López-Goñi, professore di Microbiologia all'Università di Navarra, si è chiesto se i recenti sconvolgimenti di Twitter possano indebolire la fiducia degli utenti nella attendibilità o veridicità delle informazioni scientifiche comunicate attraverso la piattaforma, e Pablo Otero Tranchero, dall'Istituto Spagnolo di Oceanografia, ha anche evidenziato quello che la scienza perde se Twitter fallisce.
Indipendentemente dalla capacità di Mastodon di fornire un'alternativa valida a Twitter, l'incerto evolversi di Twitter negli ultimi mesi sta portando a una profonda riflessione su come sia stata gestita finora la rete tra le comunità scientifiche e la diffusione dei risultati della ricerca sui social media.
Fortunatamente, la ricchezza e la diversità dell'ecosistema digitale trascendono ampiamente Twitter. Dal momento che Tim Berners-Lee ha rilasciato il software per il World Wide Web nel 1991, i canali per l'espressione personale e la condivisione di conoscenze, informazioni, opinioni, e critiche sono cresciuti e moltiplicati.
La crisi di Twitter ha permesso agli utenti di rivalutare come utilizzano internet. In tanti hanno scoperto che, dall'appropriazione commerciale del web e dalla proliferazione dei mercati delle applicazioni, molte delle azioni quotidiane fatte sul web vengono svolte all'interno di grandi piattaforme tecnologiche gestite con software proprietario.
Il ricercatore Mark Carrigan del London School of Economics (LSE) si chiede se sia il momento di rivedere l'uso accademico di Twitter e di altre piattaforme commerciali.
La comunità scientifica ha accolto in modo positivo Mastodon e questo permette di intravedere un futuro per la rete accademica e la diffusione della scienza, che avrà più a che fare con i protocolli che con le piattaforme.
Molti anni prima di questa crisi, Mike Masnick, editore del blog Techdirt, aveva proposto – attraverso un manifesto – che i protocolli e non le piattaforme fossero l'approccio tecnologico corretto per proteggere la libertà di espressione, sfuggendo all'infrastruttura economica e digitale creata dalle grandi aziende tecnologiche.
L'ascesa di Mastodon ha dimostrato il potenziale del protocollo aperto “ActivityPub” per la gestione decentralizzata dei social media. Ma anche altri protocolli ambiscono a diventare protagonisti di questa rivoluzione, come il progetto Matrix o il protocollo AT, promosso da Jack Dorsey (co-fondatore di Twitter) sotto il marchio Bluesky, che propone di decentralizzare l'esperienza utente dei social network, restituendo loro il controllo sulla gestione dei loro dati.
Allo stesso tempo, Dorsey sta offrendo fino a 1 milione di dollari all'anno per finanziare progetti internet basati su protocolli aperti.
Tra i protocolli in competizione, bisognerà prestare particolare attenzione al progetto emergente Nostr, che promette di superare i limiti di Twitter e Mastodon per creare una rete sociale resistente alla censura.
In questo processo, che va dalle piattaforme ai protocolli, è prevedibile che la preoccupazione degli scienziati acceleri le transizioni che per le università saranno lente e costose da assumere.
Per questo motivo, l'esperto in gestione delle informazioni dell'Università di Sheffield, Andy Tattersall, sottolinea: “Gli accademici possono facilmente uscire da Twitter, ma sarà molto più difficile per le loro istituzioni”.
E' chiaro che il capitale sociale accumulato su Twitter intorno ai brand personali e aziendali non può essere sprecato. Ma l'ambiente Twitter è immerso nel caos e il suo sviluppo futuro rimane ancora un grande mistero. In questo scenario, avere un piano B è ragionevole. Ma qualunque sia il piano, non dovrebbe ignorare le lezioni apprese sul modello internet che le piattaforme commerciali hanno costruito, né le esperienze che la comunità scientifica sta acquisendo passando ai protocolli aperti per gestire la nostra presenza e il nostro lavoro su internet.